Judo e Lotta nell’Europa dei primi del ‘900

di P. Crugnola – Gennaio 2005

(foto n.1) Akitaro Ono
(foto n.1) Akitaro Ono
(foto n.2) Yukio Tani
(foto n.2) Yukio Tani
(foto n.3) Gunji Koizumi
(foto n.3) Gunji Koizumi
(foto n.4) Sada Kazu Uyenishi
(foto n.4) Sada Kazu Uyenishi
(foto n.5) Akitaro Ono contro Giovanni Raicevich
(foto n.5) Akitaro Ono contro Giovanni Raicevich
(foto n.6) Antonich (a dx) - Max Raicevich (a sx)
(foto n.6) Antonich (a dx) – Max Raicevich (a sx)
(foto n.7) Anastasio Anglio (a sx) - Giovanni Raicevich (a dx)
(foto n.7) Anastasio Anglio (a sx) – Giovanni Raicevich (a dx)
(foto n.6) Paul Pons (a sx) - Giovanni Raicevich (a dx)
(foto n.6) Paul Pons (a sx) – Giovanni Raicevich (a dx)
(foto n.8) Lotta Svizzera (Calecon o Schwingen)
(foto n.9) Lotta Islandese (Glima)
(foto n.9) Lotta Islandese (Glima)

Quando si scorre un quotidiano sportivo é molto raro trovare un articolo che parli della Lotta, ma un tempo non era così. Nei primi anni del ‘900 articoli di grande respiro, ricchi di dettagliate e, soprattutto, emozionanti descrizioni infiammavano gli animi dei lettori e ponevano alla ribalta nomi e personaggi provenienti da tutte le parti del mondo.

Tanta era la popolarità della Lotta, nella cui storia l’Italia ha potuto “dire la sua” evidenziando campioni mondiali del calibro dei triestini fratelli Raicevich. Vere figure leggendarie, soprattutto Giovanni Raicevich, arrivarono al successo nel medesimo momento in cui la Lotta raggiungeva l’apice della notorietà (oggi si direbbe della “visibilità”).

A questa kermesse di avvenimenti presero parte campioni provenienti da tutto il mondo e dalle più disparate tipologie di Lotta i quali, pur di partecipare, accettarono di misurarsi secondo le restrittive (*) norme della Lotta Greco – Romana, anche a costo di rinunciare a buona parte del loro bagaglio tecnico di provenienza. Era quindi un “regolamento” che teneva insieme, di fatto, gli atleti e consentiva di svolgere un regolare calendario di incontri e tornei.

Ogni popolo ha una sua Lotta nazionale (foto n.9/10/11) in cui riversa parte della propria tradizione per cui, questi incontri erano anche occasioni per conoscere personalità ed espressioni culturali diverse e remote. Fra le varie “scuole” nazionali che s’avvicendarono in quel periodo troviamo:

– la “Scuola Russa” caratterizzata da una serie di “giganti” come Antonich (foto n.6)
– la “Scuola Francese” tecnica e raffinata con campioni del calibro di Paul Pons (foto n.7)
– la “Scuola Caraibica” rappresentata dal colossale Anglio della Martinica (foto n.8)
– la “Scuola Italiana” con in testa Max, Emilio e Giovanni Raicevich (foto n.5/6/7/8)
– la “Scuola Giapponese” con Akitaro Ono (**)
– ecc. ecc.

Soffermiamoci su questo atleta giapponese e vediamo di conoscerlo meglio.
Akitaro Ono (foto n.1) arriva a Londra nel 1905, sei anni dopo Yukio Tani (foto n.2 ) e un anno prima di Gunji Koizumi (foto n.3 ). E‘ 4°dan del Kodokan, uno dei gradi più elevati per quel periodo, e appena arrivato in Inghilterra lavora insieme a Uyenishi (foto n.4).

La sua partecipazione ai vari tornei e campionati di Lotta (professionistica) va vista nell’ottica di quel particolare periodo. Il clima era di aperta partecipazione e le “sfide” erano all’ordine del giorno. Per convincere il pubblico della bontà del proprio metodo era necessario dimostrarlo prima sul ring a “suon di schienate” e solamente dopo in palestra secondo modalità più accademiche e didattiche. Vincere o anche solo qualificarsi significava emergere fra i numerosi stili presenti e guadagnarsi stima, interesse e “seguito” nella propria palestra. E‘ questa una sorte comune toccata a quasi tutti i judoka che si avventurarono in giro per il mondo per far conoscere il Judo di Jigoro Kano, basti per tutti l’esempio di Maeda.

Le regole della Lotta Greco Romana erano molto limitanti, soprattutto per un judoka poiché si vedeva vietare l’uso delle gambe per non parlare delle tecniche di leva e strangolamento. In pratica il suo potenziale tecnico veniva ridotto di circa il 60/70 per cento. In questa situzione il peso e la forza fisica venivano ad assumere una evidente importanza strategica ed Akitaro Ono sembrava dotato di entrambe le qualità e comunque in misura ben maggiore dei suoi compatrioti (Tani, Koizumi, Uyenishi). Forse, appunto per questi motivi, in quanto in grado di reggere il confronto con i grandi lottatori, fu lui il solo a partecipare ai grandi incontri di quel periodo.

Non sempre, tuttavia, riusciva a contenersi e più di una volta si trovò (forse anche inconsapevolmente) ad utilizzare il suo bagaglio tecnico di judo con il risultato di farsi squalificare. Ma non fu sempre così e proprio durante un incontro con un italiano, Emilio Raicevich il più giovane dei fratelli Raicevich, una sua tecnica di Judo (forse Harai Goshi) non fu ravvisata dall’arbitro consentendo così a Ono di “schienare” l’italiano.

Diverso esito ebbe l’incontro con il fratello Giovanni Raicevich (foto n.5) per la cui descrizione riporto le parole di Cougnet dal suo libro “Lotta Greco romana sul tappeto” del 1912: “Il piccolo giapponese, la sera del 20 novembre, come lotta di rentree nelle finali, cerca di dare un saggio del suo metodo, uso sacco di malizie, opponendo alle prese magistrali di G.Raicevich dei tentativi di pressioni dolorifiche alla jutsu, dei passaggi di gamba accompagnanti i suoi colpi d’anca sotto in cintura per squilibrare il temibile avversario, al quale sovente cerca di sfuggire, giungendo, con questa tattica alquanto tediosa pel pubblico, a far passare i minuti utili senza nessuna bella frase di lotta. Ma tanto va la gatta al lardo che, appunto, in un tentativo di quei fulminei colpi d’anca con passaggio di gamba, il triestino, che diffidava di quella mossa, afferratolo, anche lui fulmineamente per l’avambraccio, e messoselo in spalla, mandava il lottatore del sole levante a misurare la lunghezza del tappeto, appoggiandovelo con una piccola schiacciatina eseguita con tutto il grave pondo del corpo di Giovanni, tra gli applausi del pubblico ben contento di quella soluzione.”.

Nonostante il mancato gradimento da parte del pubblico, Akitaro Ono riuscì comunque nel suo intento. Da allora, infatti, il termine “ju jitsu” diventò comune fra gli appassionati di Lotta e la “gentile arte” fu conosciuta e identificata come un metodo pieno di “trucchetti” e altre diavolerie che poco avevano a che fare con la “forza” e che, pur non rientrando nelle regole, consentivano comunque di “far volare” anche un campione di Lotta del calibro di Raicevich.

(*) Nella Lotta Greco Romana si possono usare solamente le parti superiori del corpo, dalla cintola in su e sono vietate leve articolari e strangolamenti.

(**) Akitaro Ono si presentò ai vari tornei come esperto di ju jitsu e non di Judo. La cosa é forse spiegabile con la volontà di non mischiare il Judo di Jigoro Kano con le finalità professionistiche della lotta, allo stesso modo in cui fece Maeda in America.

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